Il violento terremoto che ha scosso l’Appennino ripropone ancora una volta una serie di domande sul perché la nostra penisola è così sismica e soprattutto se questo terribile sisma fosse prevedibile, visto che alcune voci sostengono questa tesi.
Un pianeta fatto a pezziGioco a incastro: ogni zolla tettonica comprende zolle più piccole capaci di piccoli spostamenti. L'appennino si trova proprio su uno di questi confini "minori". Per questo è una zona altamente sismica.
Va ricordato innanzitutto che terremoti, vulcani, ma anche le catene montuose hanno la stessa origine: la tettonica delle zolle, cioè l’insieme dei fenomeni, alimentati dal calore interno della Terra, che plasmano la superficie del pianeta.
La crosta esterna è solo un puzzle di “tessere” irregolari e rigide che i geologi chiamano “zolle” o” placche” che “galleggiano” sul flusso di materiale fuso che proviene da centinaia di km di profondità. Queste enormi zattere si spostano in seguito alla risalita di materiale che giunge dal mantello terrestre più profondo, un movimento che sprigiona forze tali che accumulandosi si scaricano poi improvvisamente lungo le faglie, ossia fratture in grado di muoversi.
Terra di terremoti
Gli effetti di questi spostamenti sono particolarmente evidenti nei punti di contatto tra le placche e l'Appennino è una regione stretta tra la placca africana e quella eurasiatica che si stanno avvicinando tra loro. Una regione estremamente complessa, senza dubbio tra le più complicate del pianeta dove, da 8-10 milioni di anni, una frattura con andamento grosso modo nord-sud sta separando lo stivale dell’Italia dalla Sardegna e dalla Corsica. Tale frattura ha creato il Mar Tirreno e ha fatto ruotare l’Italia verso est. «Un movimento che tra 2,1 e 1,6 milioni di anni fa raggiunse una velocità di 19 centimetri all’anno», spiega Iacopo Nicolosi dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia su Geology.
La mappa di pericolosità sismica della nostra penisola dove - nel 2008 - sono state registrate circa 7.000 scosse. In scuro le aree con maggiori rischi. Clicca sul segno più per ingrandire la mappa.
Fonte: Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
Energia devastanteFonte: Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
Queste gigantesche pressioni non possono essere accumulate all'infinito perché la Natura tende sempre ad andare verso uno stato di stabilità e dal momento che l'accumulo di deformazione tra placche vicine è un processo che continua senza sosta, l'energia viene periodicamente liberata. Il terremoto è il processo che libera l'energia accumulatasi. L'atto finale avviene lungo una faglia, ossia una frattura in grado di muoversi, che di solito si produce dove vi è un punto debole all'interno della crosta che nel caso del terremoto del 6 aprile si trova a circa 10 km di profondità.
Poteva essere previsto?
In questi giorni si è diffusa la notizia secondo la quale Giampaolo Giuliani, perito elettrotecnico dell'Istiututo di Fisica dello Spazio Interplanetario di Torino, che lavora come collaboratore tecnico al Gran Sasso, aveva scoperto un metodo che renderebbe possibile prevedere un sisma.
Il meccanismo di previsione di Giuliani si basa sull’osservazione del radon, un particolare gas che si trova in alcune rocce e che - sostiene il ricercatore – in concomitanza con gli sciami di terremoti fuoriesce dal terreno in misura elevatissima.
Ipotesi casuale
Tenere sotto controllo l’emissione del radon dalle fasce di terreno più profondo potrebbe permetterci di capire che un sisma è in arrivo.
Il modo con il quale Giuliani ha scoperto tale relazione è molto curioso. Il ricercatore infatti, si occupa dello studio dei raggi gamma che giungono dallo spazio. Ebbene il radon è un gas che decade in un altro elemento in pochi giorni, ossia si trasforma in piombo e in bismuto emettendo proprio raggi gamma. Giuliani aveva osservato una relazione tra produzione di radon e occorrenza di un sisma, in occasione di un terremoto in Turchia, nel 2001.
In seguito a ciò ha installato cinque rilevatori, detti precursori sismici, che si trovano nel sottosuolo tra il Gran Sasso e L'Aquila. I precursori sismici rilevano i raggi gamma, il prodotto di decadimento del gas radon, che viene emesso dagli strati più profondi del suolo e che, secondo Giuliani, aumenterebbe di oltre 100 volte in relazione a eventi sismici. Proprio questa improvvisa impennata potrebbe servire per individuare il rischio di scosse. Una strada questa non nuova nello studio della previsione dei terremoti, che al momento però non ha permesso di individuare con preciso anticipo il luogo e l’intensità di un sisma. Dunque per ora il sistema ha solo un valore empirico.
Come dovrebbe funzionare un metodo scientifico
Allo stato attuale delle conoscenze non è possibile realizzare una previsione deterministica dei terremoti che indichi dunque in modo esatto la localizzazione, l'istante e la forza dell'evento.
La scienza prevede che un eventuale metodo abbia valore solo se può essere applicato sempre nello stesso modo in una serie di eventi. I grandi terremoti non si verificano spesso, e non è dunque facile capire se ogni volta sono in gioco gli stessi fattori. Non essendoci certezza dunque, i geologi preferiscono non allertare la popolazione. Di conseguenza gli enti locali non forniscono forze e risorse per una evacuazione che molto probabilmente viene fatta nel momento sbagliato. Il problema principale è che nonostante si riesca a determinare la probabilità di un evento, più difficile è azzeccarne la data.
I "precursori" dei terremoti
I fattori che possono indicare la probabilità di un terremoto sono comunque numerosi.
Sciami sismici, vale a dire onde ricorrenti, possono indicare la ripresa di una attività tettonica che produce una spinta sulla faglia; variazioni del livello della acque di laghi e fiumi, che indicano movimenti profondi; perturbazioni della ionosfera; segnali elettromagnetici dovuti al fatto che le rocce, sottoterra, sfregando tra loro si caricano elettricamente; gas come il radon, che si sprigiona dal sotto suolo, indica movimenti del magma, come sarebbe avvenuto per il sisma in Abruzzo.
"L'aiuto" degli animali non aiuta
Anche il comportamento di alcuni animali può indicare un evento sismico. Tra i più sensibili ci sono i pesci gatto, che pare percepiscano le debolissime correnti elettriche che si sviluppano in acqua a causa delle sollecitazioni cui sono sottoposte le rocce molto prima di una forte scossa tellurica.
Segnali di nervosismo da parte di cani, gatti e cavalli, probabilmente dovuti alla loro sensibilità ai gas emessi dalle microfratture prodotte nelle rocce prima del sisma, pur essendo presenti non sono interpretabili scientificamente.
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