Occhio ai siti dove piazzare le nuove centrali atomiche italiane. Con tutti i problemi del caso. Amplificati, come da molti temuto, dalla marcia indietro delle due sole amministrazioni regionali che avevano espresso la disponibilità a favorire il rinascimento dell'atomo elettrico italiano. Sia Giancarlo Galan (Veneto) che Raffaele Lombardo (Sicilia) confermano la nuova e più prudente linea strategica. Il Veneto ne parlerà solo dopo una dettagliata anamnesi tecnico-scientifica e la Sicilia si appellerà in ogni caso ad un referendum popolare. Come a dire: tempi lunghissimi anche nelle due regioni disponibili semplicemente a parlarne.
Ma ecco emergere un ostacolo ancora più duro per l'esito del rinascimento atomico promesso con la legge "sviluppo" varata ieri l'altro: la gestione delle scorie già prodotte dalla nostra attività nucleare. Anche questo tema dovrebbe essere chiarito – dispone la legge delega appena approvata – entro i sei mesi nei quali il governo dovrà definire i criteri per costruire le centrali sul territorio e possibilmente anche le prime bandierine da piazzare sulla carta geografica.
Le scorie imbarazzano davvero. Anche perché ne abbiamo in proporzioni tutt'altro che trascurabili: quelle ereditate dall'attività nucleare sospesa dopo il referendum del 1987, quelle frutto dello smantellamento delle nostre quattro vecchie centrali atomiche di Trino, Caorso, Latina e Garigliano e quelle (che da sole non costituirebbero un gran problema) prodotte dalla normale attività medica e scientifica del paese.
Bene. Anzi male. Perché l'Italia, come stranoto, non riesce neanche a gestire le scorie che comunque ha. Ci dovrebbe pensare innanzitutto la Sogin, creata nel 1999 e paralizzata per lunghi anni da un doppio problema, interno ed esterno. Quello interno riguardava la sua gestione, considerata sciagurata da tutti gli osservatori ufficiali e ufficiosi: gli analisti, le commissioni parlamentari, la Corte dei Conti, l'Authority per l'energia.
Sulla macchina inefficiente, clientelare e mangiasoldi della Sogin si è detto, negli anni, tutto. Per sintetizzare: fino al 2006 la Sogin ha speso il 38% del suo budget di gestione per svolgere solo il 6% delle sue attività programmate e imposte. Piccola, ma largamente insufficiente giustificazione: il paese, inteso come classe politica che il paese lo amministra, non è riuscito a risolvere il problema principale, ovvero l'individuazione dei criteri tecnici e logistici per immagazzinare, trattare e possibilmente "disattivare" le scorie nucleari.
Ed ecco che l'Italia, paese che rinunciato al nucleare 22 anni fa e vorrebbe ricominciare ad usarlo, si ritrova tutt'oggi con la bellezza di 55 mila metri cubi di scorie radioattive prodotte dalle sue vecchie centrali, a cui si aggiungono 25mila metri cubi di detriti parimenti pericolosi prodotti dal loro smantellamento. Ci sono poi 500 tonnellate l'anno di rifiuti prodotti dall'attività medica e scientifica. Per non parlare di qualche tonnellata di scorie tra le più pericolose, parcheggiate (a caro prezzo) in Francia e in Inghilterra per un loro parziale riprocessamento ma con l'impegno di riprendercele entro una decina di anni.
Un'eredità imbarazzante, vecchia e nuova. A gestirla un po' meglio ci abbiamo provato più volte, con clamorosi passi falsi, come quello dell'individuazione, era il 2003, del sito geologico di Scanzano Ionico: invece di seppellire in eterno le scorie il progetto è stato prontamente seppellito dalle critiche dei molti esperti e dal no a furor di popolo. Ora ci si riproverà – dice il Governo – con uno o più siti di superficie. Intanto le nostre scorie galleggiano alla bene e meglio nei siti dove erano prodotte quando eravamo nucleari: nelle vecchie centrali e nei centri di ricerca e stoccaggio ad esse collegate.
Nel frattempo, dal 2007, la sgangherata macchina della Sogin ha preso improvvisamente vigore, sotto la guida dell'ex dirigente dell'Enel Massimo Romano, nonostante la mancanza di una vera rotta sulla gestione definitiva dei rifiuti. Il rapporto tra spesa e attività svolta si è invertito: l'anno scorso si è chiuso con attività di decommissioning per 46,6 milioni di euro a fronte di spese di funzionamento ridotte a 31,8 milioni.
fonte:ilsole24ore.com
ARTICOLI RECENTI CORRELATI:
UMBRIA E MARCHE NON LE VOGLIONO
SCORIE NUCLEARI: scorie nucleari italiane Neppure lo Utah LE vuole
NUCLEARE IN ITALIA: Nucleare fermo in commissione
centrali nucleari : GOVERNO USI CARRARMATI PER ENTRARE IN PUGLIA
NUCLEARE: CENTRALI NUCLEARI IN ITALIA IL GOVERNO PERSEVERA NELLA FOLLIA ANTIECONOMICA
Chernobyl :Due esplosioni, una dietro l’altra, la notte del 26 aprile 1986
NUCLEARE : BASILICATA E' CONTRARIA
NUCLEARE: Chernobyl PARCO NATURALE DEGLI ORRORI PER ANIMALI ED INSETTI
ENERGIA NUCLEARI: LE RAGIONI DEL SI....
Nucleare: Rubbia, futuro solo qui in ITALIA ...
NUCLEARE: FARA' AUMENTARE LE BOLLETTE
IL NUCLEARE DI TERZA GENERAZIONE è IL PIù PERICOLOSO
NUCLEARE: INTESA BERLUSCONI SARKOZY ....... a nome di chi???
NUCLEARE: REALACCI, CON DENARO ITALIANI BERLUSCONI FA REGALO A FRANCIA
NUCLEARE: REATTORI MOLTO PIU' SICURI ???
NUCLEARE: PIEMONTE :"INVESTIAMO SU ENERGIE RINNOVABILI"
nucleare : SARDEGNA NIENTE CENTRALI
.
Nessun commento:
Posta un commento