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venerdì 31 luglio 2009
Ru486: La pillola sara' commercializzata in Italia. L' Ru486 PERò RIMANE UN FARMACO ASSAI PERICOLOSO
Via libera a maggioranza dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alla pillola abortiva Ru 486. Il Consiglio di amministrazione dell'Aifa ha infatti approvato l'immissione in commercio del farmaco in Italia. La pillola abortiva e' gia' commercializzata in vari paesi.
Il Cda dell’Aifa si è avvalso dei pareri del Consiglio superiore di Sanità e ha raccomandato ai medici “la scrupolosa osservanza della legge”. La decisione, ha voluto sottolineare l’Aifa in una nota, “rispecchia il compito di tutela della salute del cittadino che deve essere posto al di sopra e al di là delle convinzioni personali di ognuno pur essendo tutte meritevoli di rispetto”. Aggiunge, al termine della lunga riunione, Giovanni Bissoni, assessore alla Sanità dell’Emilia Romagna e componente del Cda Aifa: la Ru486 potrà essere utilizzata in Italia solo in ambito ospedaliero (”fascia H”), così come la legge 194 prevede per le interruzioni volontarie di gravidanza. Nelle disposizioni, ha aggiunto Bissoni, c’è un “richiamo al massimo rispetto della legge 194 e all’utilizzo in ambito ospedaliero. Dopo una lunga istruttoria è stato raccomandato di utilizzare il farmaco” ha chiarito Bissoni “entro il quarantanovesimo giorno, cioè entro la settima settimana”. Entro questo termine, infatti, le eventuali complicanze sono sovrapponibili a quelle dell’aborto chirurgico.
La stessa legge n.194 prevede inoltre una stretta sorveglianza da parte del personale sanitario cui è demandata la corretta informazione sul trattamento, sui farmaci da associare, sulle metodiche alternative disponibili e sui possibili rischi, nonché l’attento monitoraggio del percorso abortivo onde ridurre al minimo le reazioni avverse (emorragie, infezioni ed eventi fatali)”. Ma è proprio su questo punto, cioè sulla possibilità che il reale processo abortivo avvenga in concreto fuori dai centri sanitari, che si concentra chi sostiene l’incompatibilità della Ru486 con la legge 194.
Dopo cinque lunghi anni di discussione e dopo sei ore riunione, l’Agenzia del Farmaco (Aifa), ha dato l’imprimatur definitivo (a maggioranza, quindi senza l’unanimità: 4 voti a favore, uno contrario) all’immissione in commercio anche in Italia della Ru486, la pillola abortiva, cioè il farmaco per l’interruzione di gravidanza, già utilizzato in altri Paesi (è commerciabile in Francia dal 1988; nel 1990 fu autorizzata in Gran Bretagna, e un anno dopo in Svezia; dal 1999 in Germania, Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Grecia e Paesi Bassi, Svizzera, Israele, Lussemburgo, Norvegia, Tunisia, Sudafrica, Taiwan, Nuova Zelanda e Federazione russa) e dal 2005 è inserita nella lista dei farmaci dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms)..
LE CRITICHE
Durissimo, dall’altra parte, l’attacco del Vaticano. Sia per bocca di monsignor Giulio Sgreccia, emerito presidente dell’Accademia per la vita, che auspica “un intervento da parte del governo e dei ministri competenti”. Perchè, spiega, non “è un farmaco, ma un veleno letale” che mina anche la vita delle madri, come dimostrano i 29 casi di decesso. La Ru486, afferma Mons. Sgreccia, è uguale, come la chiesa dice da tempo, all’aborto chirurgico: un “delitto e peccato in senso morale e giuridico” e quindi comporta la scomunica “latae sententiae”, ovvero automatica. Toni simili a quelli dell’arcivescovo Rino Fisichella, rettore della Pontificia Università Lateranense, che ribadisce il no della Chiesa alla Ru486 “perché è oggettivamente un male” e per non incorrere negli “effetti collaterali” del farmaco: “Nel mondo sono morte diverse donne“, dice l’arcivescovo al Corriere della sera. Fisichella ricorda che per il Vaticano “la soppressione dell’embrione di fatto è la soppressione di una vita umana: che ha dignità e valore dal concepimento alla fine. E il fatto che assumere una pillola possa essere meno traumatico per una donna non cambia la sostanza, sempre aborto è”.
Ancora prima che l’Aifa si pronunciasse, il Vaticano si era scagliato contro la pillola abortiva. L’Osservatore Romano aveva affrontato in mattinata il nodo della Ru486 riportando le preoccupazioni espresse dalla sottosegretario al Welfare Eugenia Roccella (Pdl) che con la pillola abortiva Ru486 si possa arrivare a una “cladestinità legalizzata” degli aborti. Il metodo dell’aborto farmacologico con la Ru486, ha affermato, “intrinsecamente porta la donna ad abortire a domicilio, proprio perché il momento dell’espulsione non è prevedibile”, in una sorta di “clandestinità legale”.
Duro anche il senatore dell’Udc, Luca Volonté: “Con la commercializzazione della pillola assassina trionfa la cultura della morte. Altro che ‘estremamente sicura’: la Ru486 non è un’aspirina per il mal di testa. Bene ha detto Monsignor Sgreccia: ricorrendo all’aborto chimico, donne e ragazze italiane che vogliono evitare una gravidanza indesiderata non faranno altro che uccidere di sicuro una vita umana mettendo in pericolo anche la propria”.
Si affida a un’interpellanza parlamentare Francesco Cossiga. Con tanto di dati della letteratura scientifica: “Il 15% delle donne sottoposte al trattamento”, ha denunciato Cossiga, “abortisce dopo il quarto giorno dalla somministrazione, mentre il 5-8% deve sottoporsi a un intervento all’utero per aborto incompleto”. Per questo il presidente emerito chiede al governo “se non ritenga necessario fare chiarezza sulle notizie relative alle morti, rendendo pubblici il dossier della Exelgyn e il carteggio fra il Ministero e l’Aifa”
Dall’opposizione ha risposto l’ex ministro della Sanità Livia Turco (Pd): “Questi non sono temi da crociata. La validità di un farmaco è stabilita da organismi tecnici”.
Su posizioni di apertura anche Giorgia Meloni (Pdl), ministro della Gioventù: “La mia linea è questa”, “fare tutto il possibile per prevenire ogni aborto. Se poi non si riesce a convincere una donna a evitare l’aborto, si può accettare uno strumento che rende l’intervento meno invasivo, meno doloroso, meno lacerante”. “A un patto però” precisa “che l’uso della pillola stia rigidamente dentro le modalità previste dalla legge 194. La legge prevede un percorso, controlli, cautele, l’obiezione di coscienza degli operatori…”.
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