Più che scattare una fotografia della situazione, bisognerebbe cominciare a girare un film: la diffusione del virus H1N1, in Italia, sta cambiando di giorno in giorno. Una cosa, però, è certa: l’epidemia ha davvero preso il via e rischia di correre più veloce della vaccinazione, che è partita al rallentatore e sta suscitando qualche perplessità, soprattutto per quanto riguarda le donne in gravidanza.
«La settimana scorsa — dice Alessandro Zanetti, direttore del Dipartimento di Igiene dell’Università di Milano — il numero di malati è raddoppiato, passando da circa due a quasi quattro ogni mille abitanti. Il che vuol dire che, secondo i dati ufficiali, la settimana scorsa in Italia erano a letto all’incirca 230 mila persone. Ci si aspetta un aumento esponenziale nei prossimi tempi, ma è difficile prevedere quando si raggiungerà il picco massimo». Per entrare nel dettaglio dei numeri, i più colpiti risultano i bambini e i ragazzi fra i cinque e i 14 anni (perché si contagiano a scuola): circa il 13 per mille a fronte del 9 per mille di chi ha da zero a 4 anni. I meno colpiti sono gli anziani oltre i 65 anni (a conferma che l’età fornisce qualche protezione).
Le statistiche, ovviamente, non sono fine a se stesse: indicheranno via via i provvedimenti da adottare per contenere l’epidemia (eventuale chiusura delle scuole o di altri luoghi pubblici, se necessario). Per ora, infatti, risultano relativamente indenni le persone di età compresa fra i 15 e i 64 anni, dove è concentrata la forza lavoro, ma è difficile prevedere come evolverà la situazione e che cosa riuscirà a fare la vaccinazione.
La campagna è già partita per il personale sanitario (che si è rivelato, però, «freddino» nei confronti della profilassi) e quello addetto a servizi di pubblica utilità. Poi dovrebbe essere estesa ad altre categorie (non è, però, ben chiara la tempistica della chiamata), come le donne in gravidanza. Ma è proprio qui che si concentrano le perplessità circa la sicurezza dei vaccini non solo perché non sono stati sperimentati su queste persone, ma anche perché contengono adiuvanti che, secondo alcuni, non dovrebbero essere somministrati alle donne incinte.
In Italia, per ora, è disponibile soltanto il Focetria prodotto dalla Novartis (che contiene un adiuvante, cioè una sostanza che ne potenzia l’efficacia, a base di squalene), ma secondo l’Aifa (l’Agenzia del farmaco) e il Consiglio Superiore di Sanità può essere usato nel secondo e nel terzo trimestre di gravidanza. Nel frattempo, però, la Swissmedic, l’autorità elvetica sui farmaci, ha deciso di non autorizzare un altro vaccino, il Pandermrix, prodotto dalla Skf, nelle donne in gravidanza, nei minori di 18 anni e negli over 60. Il motivo è la presenza di un nuovo adiuvante (l’AS03, diverso da quello del Focetria, ma entrambi contengono squalene). Il terzo vaccino autorizzato dall’Emea, l’ente europeo dei farmaci, è il Celvapan, della Baxter, che non ha adiuvanti.
Altro problema: chi vaccina. Dovrebbero essere le Asl, ma il Ministero della salute ha raccomandato alle Regioni di coinvolgere i medici di famiglia che, però, avanzano qualche perplessità. La vaccinazione prevede il consenso informato — dice Claudio Cricelli, presidente della Simg, la società di medicina generale — che richiede moltissimo tempo. C’è poi una ragione pratica: la conservazione del vaccino, che soffre gli sbalzi di temperatura ».
fonte:corriere.it
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