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venerdì 30 ottobre 2009
tonno rosso: sempre più a rischio estinzione. Gli scienziati chiedono la messa al bando del mercato internazionale
Il tonno atlantico a pinne blu è sempre più a rischio di estinzione. A far suonare ancora una volta il campanello d’allarme è la commissione di scienziati incaricata di indagare lo stato di salute di questo prezioso pesce, noto dalle nostre parti come tonno rosso. Gli stock dell’Atlantico orientale e del Mediterraneo sarebbero infatti intorno al 15% rispetto al loro volume originario, prima cioè che iniziasse la pesca industriale. Una diminuzione tale da richiedere misure drastiche, come la messa al bando del commercio internazionale della specie.
CARNE PREGIATA - Il tonno rosso ha una carne molto pregiata che viene consumata soprattutto in Giappone e nei ristoranti di sushi. Ma la forte domanda internazionale ha svuotato il Mediterraneo e l’Atlantico. Ora però, secondo gli scienziati interpellati dall’Iccat (la commissione internazionale che gestisce le popolazioni di tonno nell’Atlantico e nel Mediterraneo), ci sono le premesse perché il tonno a pinna blu rientri nell’elenco Cites (la convenzione sul commercio internazionale delle specie in estinzione).
AMBIENTALISTI - Plaudono ovviamente le organizzazioni che da anni lamentano i danni di una pesca sconsiderata. «Quello che serve per salvare gli stock è una sospensione della pesca e del commercio internazionali», ha commentato Sergi Tudela del Wwf. Gli ambientalisti in particolare accusano l’Iccat di essere stato di manica larga con le quote, alle quali si deve aggiungere il problema della pesca illegale, che secondo alcune stime potrebbe arrivare fino al 30 per cento dell’attività consentita. Finora l’Unione europea - sollecitata dalla proposta del Principato di Monaco di vietare il commercio internazionale di tonno rosso - aveva scelto una posizione attendista rispetto alla questione. Intanto, l’Iccat dovrà prendere una decisione in tempi brevi sulla base del rapporto degli scienziati e fissare le nuove quote. «La cosa giusta sarebbe imporre quota zero», ha commentato Sue Lieberman del Pew Environment Group.
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