L’Italia spinge l’acceleratore per il ritorno al nucleare. L’attesa mappa dei siti, dove verranno realizzate le nuove centrali entro il 2020 (si parla di tre - quattro impianti), sarà pronta entro primavera. Lo annuncia Claudio Scajola, ministro dello Sviluppo Economico, durante la trasmissione la Telefonata di Canale 5.
In campo per ora, c’è il progetto guidato da una joint venture tra Enel e il colosso francese Edf (Sviluppo Nucleare Italia), per costruire quattro centrali nucleari di terza generazione avanzata, in grado di soddisfare circa il 10% del fabbisogno nazionale. Anche il colosso tedesco E.On sarebbe interessato allo sviluppo del nucleare in Italia, magari in partnership (si è fatto spesso il nome del colosso francese Suez - Gaz de France e dell’utility lombarda A2A), qualora, però, si verificassero le opportune condizioni di stabilità politica.
Tabella di marcia confermata anche da Stefano Saglia, sotto segretario allo Sviluppo Economico. “Entro metà febbraio sarà pronta la mappa che escluderà i territori che non hanno una vocazione per ospitare le centrali. Le imprese che presenteranno i progetti ci diranno poi qual è il loro interesse e su quali territori, così entro primavera saremo in grado di conoscere meglio il programma e la sua configurazione”, ha spiegato a margine di un convegno a Milano, lunedì mattina, pressato dalle domande dei giornalisti. Entro il prossimo marzo, quindi, il ministero dell’Ambiente e la futura Agenzia nucleare, come annunciato a ottobre, potranno mettersi al lavoro per sottoporre alla Valutazione ambientale strategica (Vas) il nuovo programma atomico nazionale
Intanto, su internet in questi mesi si specula sulla futura locazione dei siti. E tornano alla ribalta la vecchia mappa del nucleare del Cnen, voluta dal Governo Cossiga nel 1979, e il rapporto dell’Enea, del 2007, sulla vulnerabilità delle coste (con molta probabilità le centrali, che hanno bisogno di grandi quantità di acqua per completare il ciclo di raffreddamento, dovranno essere costruite in prossimità del mare o di un fiume). Le ha rispolverate l’associazione ambientalista Greenpeace lo scorso maggio, in chiave polemica. Ne parla, dopo pochi mesi, anche il Corriere della sera.
Stando alle mappe - che considerano vari rischi, tra cui quello sismico - le future centrali potrebbero essere collocate: al Nord, nelle macro aree attorno al delta del Po e dell’Adige, nel tratto di costa tra Veneto e Friuli, nel Pavese e nel Vercellese. Al Centro, nell’isola di Pianosa in Toscana e nei territori tra la Maremma e l’alto Lazio, ossia le zone costiere di Cecina, di Piombino-Follonica, di Grosseto, di Albinia e la zona costiera in prossimità di Montalto di Castro. Al Sud, lungo la costa tra Molise e Puglia, nel golfo di Manfredonia e nelle aree costiere tra Brindisi, Lecce e Taranto; lungo il litorale della Basilicata e di alcune zone ioniche della costa calabra; nelle aree del Garigliano e del Sele in Campania. Zone idonee anche sulle due principali isole: alcuni tratti della costa meridionale della Sicilia e altri in Sardegna, in particolare alcune zone costiere di Ogliastra, della provincia di Nuoro e di Cagliari.
Insomma, gli italiani dovranno attendere ancora quattro o cinque mesi, per sapere dove e come rinascerà il nucleare nel nostro paese, tenuta del Governo permettendo. L’unico ostacolo alla rinascita di questa forma di energia, infatti, è proprio la mancata continuità di intenti tra i vari Governi. Lo ha ricordato Bruno D’Onghia, presidente di Edf Italia, alcune settimane fa durante una conferenza a Palazzo Mezzanotte, a Milano: “Il paese deve avere la consapevolezza che con il nucleare si prende un impegno per almeno 100 anni, tra tempo necessario per progetti, costruzione e vita sempre più lunga delle centrali. Il nucleare è una tecnologia che non tollera cambi di strategia o ripensamenti al ritmo dell’alternanza politica”.
Visualizza Mappa Nucleare (Cnen - Enea) in una mappa di dimensioni maggiori
- DA panorama.iT
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