iù risorse per l’agricoltura: ovvero tornare a investire nel settore rurale e agricolo quel 17 per cento del totale degli Aiuti allo sviluppo (Oda) che negli anni Ottanta consentì all’India e ai Paesi dell’America Latina di risollevarsi dalla crisi alimentare con la "rivoluzione verde". Una percentuale che gli esperti della Fao hanno tradotto in circa 44 miliardi di dollari all’anno, cifra molto lontana dal 5 per cento delle risorse oggi destinate all’agricoltura (erano il 3,6 per cento prima del G8 dell’Aquila). È questa la ricetta "anti-fame" rilanciata dal direttore generale della Fao, Jacques Diouf, quando mancano quattro giorni al vertice mondiale sulla sicurezza alimentare indetto a Roma da lunedì proprio dall’agenzia delle Nazioni Unite.
«Sconfiggere la fame non è un’utopia, non è un sogno», ha sottolineato Diouf in conferenza stampa, «perchè è già successo in passato. Ma pensare di sradicarla in questi tempi di crisi economica senza un rilancio concreto del settore agricolo e rurale è impensabile. Il sostegno ai piccoli agricoltori, che rappresentano 2 miliardi di persone, ovvero un terzo della popolazione mondiale -ha avvertito il direttore generale Fao- è la chiave per uscire dalla fame. Sono i piccoli contadini il veicolo per eliminarla e scongiurare la tragica prospettiva di disperazione, morte e malattie che si profila qualora la nostra battaglia fallisse».
In un lungo discorso a braccio, spesso portato avanti in modo concitato, Diouf ha lanciato un appello ai capi di Stato e di governo e ai loro rappresentanti che convoglieranno al vertice di Roma, affinchè «si rendano conto che è venuto il momento di un’azione immediata e decisiva per porre il tema della lotta contro la fame tra le priorità dell’agenda politica globale». Perchè, ha insistito Diouf, «oggi nel mondo ci sono oltre un miliardo di affamati e la fame genera rabbia, che è potenziale fonte di conflitti. Ne sono dimostrazione i tumulti scoppiati di recente in 22 Paesi in via di Sviluppo a causa dell’impennata del costo delle derrate alimentari. Per non parlare dell’immigrazione forzata, che oggi tanto preoccupa i Paesi ricchi».
Per scongiurare il verificarsi di un’altra crisi alimentare, ha ammonito il direttore generale della Fao, Jacques Diouf, «serve un’azione collettiva, già promessa ma non mantenuta perchè sfortunatamente l’interesse per la lotta contro la fame sembra scemare non appena si presenta un qualsiasi altro problema». Ma, ha avvertito Diouf, «una nuova crisi alimentare non può essere esclusa visto che a oggi le popolazioni di 31 Paesi in via di Sviluppo, di cui 20 solo in Africa, necessitano di aiuti alimentari d’emergenza». E ha osservato: «Per i Paesi più poveri la crisi alimentare è lungi dall’essere passata, e i leader internazionali devono sapere il perchè». È proprio questo il ruolo principale della Fao, ha spiegato Diouf, «quello di guardare negli occhi i governanti del mondo e far loro un quadro reale della drammaticità della situazione, così da sensibilizzarli e chiedere loro interventi concreti e risolutivi.
Insomma, risvegliare le coscienze. Pena, un ulteriore aumento del numero di affamati con tutte le conseguenze economiche, sociali ed etiche che ne potrebbero conseguire». Uscire dalla fame si può, ha ribadito Diouf, e a riprova di ciò la Fao ha appena pubblicato un rapporto su 31 casi di successo in altrettanti Paesi (su 79 monitorati), grazie a investimenti nel settore agricolo e rurale. «Sono esempi positivi che ci indicano la strada da seguire: investimenti in sementi, fertilizzanti, mangimi, vaccini per gli animali, ricerche per eliminare le patologie delle piante», ha argomentato Diouf, «ma anche investimenti massicci nelle infrastrutture rurali a cominciare dalle strade per il trasporto del cibo fino alla costruzione di magazzini e silos metallici per lo stoccaggio, considerando che oggi si perde fino a un 40-60 per cento di prodotto a causa della cattiva conservazione». E ancora: «Servono risorse per la gestione delle risorse idriche: costruire sistemi di irrigazione e drenaggio ha letteralmente salvato la vita a centinaia di persone negli ultimi anni. Ed è quasi banale soffermarsi sul fatto che l’agricoltura con irrigazione sia molto più produttiva di quella pluviale». Infine, ha concluso il direttore generale della Fao, «serve che anche i governi dei paesi in via di sviluppo si assumino le proprie responsabilità e avviino una strategia politica nazionale mirata e concreta».
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