Soldi per chi ospiterà le centrali. Idv: «Bel regalo di Natale». Legambiente: «Bollette ancora più alte»
Nel 2o13 inizierà la costruzione della prima centrale atomica italiana. Lo ha assicurato il ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, dopo il via libera del Consiglio dei ministri al decreto legislativo che prevede la localizzazione e l'esercizio di impianti di produzione di energia elettrica e nucleare, di fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di stoccaggio, di misure compensative e campagne informative. Un secondo decreto approvato riguarda il «riassetto della normativa su ricerca e coltivazione delle risorse geotermiche». I decreti andranno ora al vaglio delle commissioni parlamentari competenti prima di tornare al Consiglio dei ministri per l'approvazione definitiva.
SCAJOLA E LA RUSSA - «Con questo provvedimento abbiamo fissato i criteri per la localizzazione dei siti. L'obiettivo prioritario non è soltanto la sicurezza, ma anche la tutela della salute della popolazione e di protezione dell'ambiente», ha commentato Scajola. «Sulla base di tali criteri saranno poi le imprese interessate a proporre in quali zone intendono realizzare gli impianti nucleari». Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha invece assicurato che nel decreto «non c'è alcun riferimento ai siti militari. Non vuol dire che sono esclusi, nessun sito è escluso», ha precisato il ministro. «Ma non c'è un riferimento diretto ai siti militari».
SOLDI - Il decreto legislativo sull'energia nucleare prevede benefici, a carico delle imprese coinvolte nella costruzione e nell'esercizio delle centrali, pari a 3 mila euro al megaWatt sino a 1.600 megaWatt realizzati nel sito, maggiorati del 20% per potenze superiori. Inoltre «un beneficio su base trimestrale commisurato all'energia prodotta e immessa in rete e pari a 0,40 euro al megawattora». I soldi sono destinati per il 10% alle province interessate, per il 55% ai Comuni ospitanti, per il 35% ai Comuni nel raggio di 20 chilometri dalla centrale, o di 10 dall'impianto nel caso di sola produzione di combustibile. I benefici legati alla produzione di energia elettrica vanno per il 40% agli enti locali e per il 60% ai residenti e alle imprese circostanti la centrale nucleare «mediante la riduzione della spesa energetica, della Tarsu (tassa sui rifiuti, ndr), delle addizionali Irpef, Irpeg e dell'Ici». Il decreto prevede infine la realizzazione di un deposito nazionale per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi.
PD - Molti i dubbi del Pd. «Il decreto prevede che, se una diversa maggioranza politica decidesse di abbandonare il programma nucleare, gli utenti pagherebbero comunque nelle bollette i costi sostenuti per avviare la realizzazione degli impianti», hanno chiarito i senatori Roberto Della Seta e Francesco Ferrante.
LEGAMBIENTE - Contrarie al decreto le associazioni ambientaliste, tra queste Legambiente. «Da dove arriverà questa montagna di soldi?», chiede il responsabile scientifico dell'organizzazione, Stefano Ciafani. «Il governo scopre le carte e svela la maxi stangata per il ritorno dell'atomo in Italia, con buona pace dell'alleggerimento delle bollette elettriche sbandierato finora. Spendendo non meno di 50 miliardi di euro per produrre il 25% dell'elettricità, distoglieremo tutte le risorse che potrebbero essere investite subito nell'efficienza energetica e nelle energie rinnovabili». Secondo Scajola, invece, il programma nucleare consentirà di produrre «energia elettrica a prezzi inferiori almeno del 30%».
IDV - «Questo deccreto è il regalo di Natale del governo agli italiani di Monfalcone, della provincia di Gorizia, di Scanzano Jonico in Basilicata, di Palma in provincia di Agrigento, di Oristano, di Chioggia, di Caorso, di Trino Vercellese, di Montalto di Castro, di Termini Imerese e di Termoli», ha detto Paolo Brutti, responsabile Ambiente per Italia dei valori. «Quattro di queste località ospiteranno subito un impianto nucleare e un sito di stoccaggio. Le altre lo avranno dopo».
REFERENDUM - Paolo Cento, del coordinamento nazionale di Sinistra ecologia e libertà, ha detto che il partito «è pronto a promuovere un referendum per abrogare queste norme antieconomiche che producono danni ambientali al Paese». Secondo Claudio Saroufim, responsabile ambiente dei Comunisti italiani, «non potendo fare i nomi dei siti scelti, pena l'impopolarità a soli tre mesi dalle regionali, il governo fa finta di partorire i criteri di selezione».
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