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30 marzo 2010 - A un mese dal disastro del Lambro si continuano ad avvistare chiazze di idrocarburi sulle rive del Po: «L'ultima l'abbiamo intercettata lungo un ramo secondario vicino a San Nazzaro, poco prima di Isola Serafini, tra Cremona e Piacenza», riporta Paolo Trentarossi, di Legambiente Cremona. Nel linguaggio del Grande Fiume, questi rami secondari si chiamano lanche: sono diramazioni dove la corrente rallenta quasi fino a fermarsi, creando lingue di sabbia e isolotti dove il fiume deposita ciò che trasporta. C'era da aspettarselo che rimanessero anche i segni dell'onda nera. Queste anse sono anche una parte delicata dell'ecosistema fluviale perché sono l'habitat fondamentale per la riproduzione di molte specie, soprattutto migratrici, la cui stagione degli amori sarà quest'anno condita dai residui di olio combustibile.
TROPPA PIOGGIA? Ma l'ambiente più delicato del "sistema Po" è il Delta, dove le acque del fiume si mescolano a quelle salate dell'Adriatico in un labirinto di canneti e acquitrini. Oggi il Delta è un bellissimo parco naturale tra Emilia Romagna e Veneto e una parte delle sue paludi è utilizzata per l'allevamento di anguille e mitili. Nei giorni scorsi il WWF ha lanciato un allarme per una moria improvvisa di vongole: «La causa è l'abbassamento della salinità delle acque salmastre per le piogge dei giorni scorsi, ed è da escludere ogni correlazione con lo sversamento di idrocarburi», afferma Attilio Rinaldi, presidente del Centro Ricerche Marine di Cesenatico, a cui collabora anche il Corso di Laurea in Acquacoltura dell'Università degli studi di Bologna e la nave oceanografica Daphne di Arpa Emilia Romagna. Il motivo è che queste valli da pesca non sono alimentate dal Po e, in ogni caso, in base ai monitoraggi della Daphne, nelle ultime settimane la concentrazione di idrocarburi nel Delta è rimasta entro la soglia dei valori ammissibili.
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fonte: focus.it
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