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lunedì 3 maggio 2010

DISASTRO AMBIENTALE: Golfo del Messico, La marea nera “disastro senza precedenti”

Nel week-end sono state ritrovate sulle spiagge del Mississippi, tra Bay St. Louis e Biloxi, una ventina di tartarughe marine morte. Secondo gli esperti del centro per lo studio dei mammiferi marini di Gulfport, le tartarughe non avevano la carcassa coperta di petrolio, ma potrebbero esser morte per avere ingerito pesci contaminati. La lista delle specie decimate dalla macchia nera che dalla piattaforma petrolifera inabissatasi al largo ha invaso il Golfo del Messico sembra destinata ad essere molto lunga.

Il governo Usa ha proibito la pesca nell’area compresa tra la foce del fiume Mississippi fino allo spazio di mare dinanzi a Pensacola Bay, al largo della Florida, almeno per i prossimi 10 giorni. Si tratta di un disastro “potenzialmente senza precedenti” secondo le parole del presidente Barack Obama, che si è recato in Louisiana sul luogo del disastro. Dal canto suo la BP (British Petroleum), proprietaria della piattaforma che si è inabissata e dalla quale il greggio continua a fuoriuscire, si è detta pronta a onorare la legittima richiesta di risarcimento dei danni.

Ora il problema è prima di tutto quello di fermare la fuoriuscita di petrolio, per evitare il ripetersi di una catastrofe come quella della Exxon Valdez. Nel 1989 la petroliera si incagliò nel Golfo dell’Alaska disperdendo in mare decine di milioni di litri di petrolio.

Intanto due aree ecologiche del Delta del Mississippi, tra le più minacciate dalla marea nera, sono state protette per evitare il peggio. Rappresentano soltanto una piccola parte dello sterminato Delta e sono l’isola Breton, diventata parco naturale già ai tempi di Roosevelt, e il parco del Delta, composto essenzialmente da acquitrini, canneti e da paludi. A finanziare le operazioni per la loro protezione è proprio Bp.

Sull’isola Breton, parzialmente distrutta dall’uragano Katrina nel 2005, è stata installata una doppia barriera galleggiante lunga oltre 2 chilometri. Una prima, rigida e di colore arancione, per bloccare l’eventuale greggio; una seconda, di color bianco e spugnosa, per assorbire qualsiasi liquido inquinante.

La coltre nera di petrolio soffoca alghe e organismi che vivono sotto la superficie del mare. Crostacei, molluschi e pesci muoiono per l’alta tossicità sia degli idrocarburi sia dei solventi utilizzati per la dispersione. Per quanto riguarda gli uccelli, per pulirsi il piumaggio ingeriscono il petrolio che provoca gravi alterazioni agli organi interni.
Ci vorranno da un minimo di 10 anni fino anche a un massimo di 30 o addirittura 50 anni perché sia ripristinata la vivibilità di questo ecosistema.

”Quella - ha detto Giuseppe Notarbartolo di Sciara, dell’Istituto Tethys, che si occupa dello studio e la tutela del mare - è una zona dove i delfini, i tursiopi in modo particolare, sono abbastanza abbondanti ed è chiaro che quando il loro habitat viene investito da una marea nera come questa ne soffrono inevitabilmente per tanti motivi. Il primo è che per respirare devono venire in superficie dove c’è la massa di greggio, si imbrattano e inalano sostanze irritanti per gli occhi, per la gola e per tutto l’apparato respiratorio. Inoltre se viene distrutto il loro habitat vengono distrutte anche le loro prede”.

E l’Institute for Marine Mammal Studies di Gulfport, Mississippi, si sta attrezzando per fornire supporto e assistenza agli animali colpiti dalla marea nera. Nel tratto di mare tra Gulfport e la foce del fiume Mississippi si pensa siano presenti tra i 2.000 e i 5.000 esemplari di delfini, ma le specie di mammiferi marini che popolano la zona sono 31, tutte a rischio.

Oltre alla fauna marina anche molte specie di uccelli potrebbero essere coinvolte nel disastro: nidificano qui quasi 3.000 pellicani, e c’è un totale di circa 34.000 uccelli di varie specie nella zona colpita, il cui habitat rischia di essere gravemente compromesso.

La compagnia petrolifera British Petroleum (Bp), proprietaria della piattaforma Deepwater Horizon, oggi tenterà di tappare con una valvola una delle tre falle aperte a 1.500 metri di profondità, che si stima riversino in mare 5.000 barili di greggio al giorno.

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