Uno studio italiano spiega perché i vasi sanguigni sono un punto cruciale della lotta ai tumori e come si formano le anomalie, aprendo la strada a nuove terapie.
L'angiogenesi non è più un mistero. Che questo processo che porta alla formazione di nuovi vasi sanguigni sia una fase cruciale dello sviluppo di un tumore è ormai un fatto noto non soltanto a medici e ricercatori, ma anche a molti pazienti e familiari che toccati dalla malattia hanno deciso di capirne qualcosa di più. Ora, uno studio italiano pubblicato sulla rivista Developmental Cell individua uno dei meccanismi responsabili delle anomalie e dell’alterata organizzazione del sistema vascolare tumorale. La scoperta, realizzata da un team di ricerca dell'Ifom (Istituto FIRC di Oncologia Molecolare), apre la strada a nuove strategie terapeutiche che potrebbero affiancare e potenziare l’azione dei farmaci antiangiogenetici utilizzati finora.
LE «AUTOSTRADE» DEL TUMORE - Ecco, in breve, come funziona l’angiogenesi. La massa tumorale molto presto comincia a stimolare nuove strutture vascolari, a partire da quelle dell’organismo ospite, per rifornirsi così di ossigeno e di nutrienti. Inoltre, una volta che il sistema vascolare del tumore si è organizzato, le cellule cancerose utilizzano i vasi come «autostrade» attraverso le quali immettersi nel flusso sanguigno e dare inizio al viaggio che le disseminerà in giro per il corpo, dando origine nei diversi organi alle metastasi. Per queste ragioni negli anni si è sviluppata una precisa strategia di attacco: interferire con la formazione dei vasi nel tumore per inibire da un lato la sua crescita e dall’altro la formazione di metastasi. Tuttavia questa strategia seppur efficace non ha dimostrato di essere ancora risolutiva.
VASI SANGUIGNI COME I FIUMI - «Quello che diversi studi hanno dimostrato di recente è che bisogna guardare non soltanto alla quantità ma anche alla qualità dei vasi che si formano all’interno del tumore» spiega Elisabetta Dejana, responsabile del programma di ricerca di angiogenesi dell’Ifom. Nel momento in cui i nuovi vasi penetrano nel tumore, infatti, questi cambiano le loro normali caratteristiche: diventano molto irregolari e non si distinguono chiaramente le arterie dalle vene. Si tratta di vasi molto fragili e permeabili, che possono facilmente dare origine a emorragie o permettono la fuoriuscita di liquidi che si accumulano nel tessuto tumorale provocando gonfiori e compressioni. In queste circostanze il flusso sanguigno risulta alterato, si creano zone di necrosi e il trasporto e la diffusione dei farmaci chemioterapici all’interno della massa tumorale è fortemente ostacolato. «Se si pensa a un fiume - continua Dejana - quando gli argini sono ben costruiti, alti e fortificati è difficile che avvengano esondazioni e l'irrigazione dei terreni avviene correttamente. Quando invece gli argini sono deboli e discontinui, le acque del fiume possono straripare, l’irrigazione è alterata ed è più facile accedere al suo alveo dall’esterno. Allo stesso modo, i vasi irregolari e altamente permeabili presenti nei tumori non solo sono emorragici, ma offrono una resistenza molto bassa all’entrata in circolo delle cellule cancerose e alla loro disseminazione».
IL NUOVO STUDIO - Fino a oggi non era chiaro chi fossero tutti i responsabili di un’organizzazione così anomala delle strutture vascolari tumorali, ma la nuova scoperta realizzata dal team Ifom rappresenta un passo significativo per inquadrare nel mirino alcuni colpevoli. «Abbiamo individuato una particolare famiglia di proteine, le Wnt, che controlla la formazione dei nuovi vasi sanguigni - chiarisce Monica Corada, primo autore dello studio e ricercatrice Ifom -. Quando questi attori del processo di vascolarizzazione non agiscono in maniera controllata i vasi che si originano sono anomali e molto più fragili. Ora, finalmente, abbiamo precisi bersagli terapeutici con cui interferire per regolarizzare la vascolatura». Le terapie che bloccano la vascolarizzazione del tumore restano ovviamente valide, ma - secondo i ricercatori - può essere rilevante, soprattutto quando il tumore è in fase avanzata, anche stabilizzare e normalizzare i vasi per favorire una migliore diffusione dei farmaci all’interno della massa tumorale e contribuire a prevenire o fermare le metastasi. L’obiettivo, insomma, è arrivare a identificare la combinazione ideale di diversi trattamenti così da intervenire in maniera sempre più mirata e specifica sui diversi tipi di cancro a seconda delle loro caratteristiche e del loro stadio di progressione.
fonnte: corriere.it
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