Il governo ha fissato la scaletta delle tappe per il ritorno del nucleare in Italia. Il primo passo è la scelta dei siti per le scorie, che si dovrebbero conoscere entro il 23 settembre. A ottobre Palazzo Chigi presenterà il suo piano, che negli intendimenti di partenza prevede la realizzazione di 4 centrali. A gennaio 2011 dovrebbe essere poi pronto il decreto governativo per le domande degli operatori che intendono costruire gli impianti, con l’individuazione delle relative aree. L’idea di fondo è quella di preferire le zone costiere, anche perché le centrali necessitano di grandi quantitativi di acqua per il loro funzionamento.
La notizia ancora una volta ha messo in agitazione governatori regionali e comunità. Undici Regioni hanno anche presentato un ricorso alla Corte costituzionale, contro la legge del Parlamento (la n.99 del 2009) che ha delegato al governo l’intero pacchetto sul nucleare. A giugno i giudici hanno tuttavia rigettato le richieste, dichiarando i rilievi in parte inammissibili e in parte infondati. Nel ricorso era stata contestato il mancato rispetto della norma costituzionale che in tema di energia (anche nucleare) e di tutela del teritorio vuole che le scelte rientrino in un accordo tra Stato e Regioni.
In Italia la produzione dell’energia nucleare era stata abbandonata nel 1987, dopo un referendum popolare. Gli elettori si erano espressi negativamente, anche sotto la paura derivata dall’incidente di Chernobyl (Ucraina) dell’anno precedente. L’anno passato la decisione del governo Berlusconi di reintrodurre le centrali, dopo un accordo di collaborazione con la Francia, accolto tuttavia con scarso entusiasmo, se non con aperto dissenso, nella maggior parte del Paese. Anche dopo aver incassato il pronunciamento a esso favorevole della Consulta, il governo ha ribadito la volontà di aprire il confronto con le Regioni. Tutto però – ha precisato Saglia – va chiuso entro il 2013. Una frase che sembra voler dire che in caso di mancato accordo il governo metterebbe in campo i poteri sostitutivi, consentiti proprio dalla legge delega dell’anno passato.
Tra le regioni candidate a ospitare uno degli impianti c’è sempre la Sardegna. In questi anni le cronache hanno spesso parlato di una scelta che sarebbe dovuta cadere su un’area vicina a Oristano. Le ultime notizie danno per possibile invece un sito nel Sulcis-Iglesiente, nell’area militare di Teulada.
fonte: http://www.9online.it/
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