Sono 52 le aree individuate dalla Sogin per il deposito delle scorie radioattive. Tenute segrete per volontà di Berlusconi, rischiano di diventare un caso politico. Gli ambientalisti: rendetele pubbliche.
Esiste ed è chiuso dentro una cassaforte. È il documento che toglie il sonno a cittadini, amministratori e, da ieri, anche a qualche manager dello Stato. È la lista dei 52 aree individuate dalla Sogin, la società controllata dal Tesoro per la gestione degli impianti nucleari, per il deposito delle scorie nucleari di media e alta intensità, da costruire accanto ad un parco tecnologico. E, per volere di Silvio Berlusconi – in veste di ministro dello Sviluppo economico ad interim -, dovrà rimanere segreta. Anche se, ieri, Corriere della Sera e Sole 24 Ore ne hanno anticipato parte del contenuto. Le zone indicate nel documento della Sogin si troverebbero nel Viterbese, in Maremma, al confine tra Puglia e Basilicata, tra Puglia e Molise, sulle colline emiliane, nel piacentino e nel Monferrato.
Un lavoro, sottolineano gli esperti, che si è svolto per esclusione. Eliminando cioè le aree ritenute oggettivamente inadatte come le località di alta montagna, le zone troppo abitate, i terreni con rischio sismico rilevante e i luoghi soggetti a frane o allagamenti. A sorpresa, nel documento non sarebbero comprese la Sicilia e la Sardegna, due regioni che in un documento del 1979 – la madre di tutti i lavori sull’individuazione di potenziali siti nucleari - ed elaborato dal Comitato nazionale per l’energia nucleare (Cnen) erano invece presenti. Venivano infatti presi in considerazione alcuni tratti della costa meridionale della Sicilia e alcune zone costiere di Ogliastra, della provincia di Nuoro e di Cagliari, per la Sardegna.
Secondo le anticipazioni, in ogni caso, la scelta del sito dovrebbe avvenire con una sorta di asta: la comunità che accetterà di ospitare le scorie verrà ricompensata con forti incentivi economici. Mentre alla Sogin a fatica nascondono il disappunto circa la divulgazione della notizia, che molti considerano «un complotto per screditare il nostro lavoro», dai territori e dall’opposizione si alza forte la voce della protesta. Che il sottosegretario allo sviluppo economico Stefano Saglia cerca di placare. Riferendosi allo studio, lo ritiene «un ottimo lavoro, ma rappresenta la base di partenza per una decisione che intendiamo prendere ma non oggi».
«Siamo prontissimi ad accoglierli, non specifico come – ha dichiarato il Presidente della Regione Puglia, Nichi Vendola -. Mentre devono sapere che noi lotteremo in generale contro la follia del nucleare e qui in Puglia con la massima serenità: avranno la più civile, pacifica e partecipata reazione popolare della storia pugliese». Vito de Filippo, governatore della Basilicata, «per evitare quella che sembra essere diventata una triste roulette russa sull’allocazione del deposito per le scorie nucleari» chiede «un’affermazione chiara da parte di chi ha la responsabilità di guidare questo Paese: che nulla verrà fatto senza la condivisione dei territori interessati».
Sullo stesso tenore si sono levate voci contrarie anche dal lazio e dalla Toscana. A chiedere l’immediata pubblicazione della lista è anche il presidente nazionale dei Verdi Angelo Bonelli che si chiede inoltre «con quali criteri siano stati definiti i siti, visto che l’Agenzia per la sicurezza nucleare non esiste nemmeno sulla carta, non è stata avviata alcuna procedura di Valutazione ambientale e l’intero piano d’identificazione dei siti deve essere sottoposto a Valutazione ambientale strategica . Come al solito – aggiunge Bonelli - per quanto riguarda il nucleare si procede a colpi di leggi non concertate che non coinvolgono i cittadini e gli enti locali, secretando i documenti e con procedure che non tengono conto degli obblighi normativi, alcuni dei quali sono dettati direttamente dall’Unione europea. Definire Polo tecnologico un deposito – conclude il leader ambientalista - significa prendere in giro sia i cittadini, sia gli enti locali, poiché la ricerca sulle problematiche delle scorie non si fa nei siti, ma nei laboratori di fisica nucleare con appositi reattori sperimentali, mentre i depositi sono solo dei magazzini, possibilmente in zone poco abitate».
Dalle pagine del blog di Greenpeace, il direttore generale Giuseppe Onufrio evidenzia un altro aspetto di quella che definisce la “truffa nucleare”: «Corre voce che si voglia dare all’elettricità da nucleare oltre che la precedenza sulla rete elettrica anche un prezzo fisso (dunque fuori mercato) di 90-100 euro al MWh: il 50-60 per cento in più del prezzo attuale alla Borsa elettrica. A meno che – sottolinea ancora - la truffa nucleare non sia molto più semplice: creare un quadro giuridico per poter firmare i contratti, che si sa non verranno mai rispettati, emanare un decreto che copre con garanzie pubbliche questi contratti (atteso per ottobre) e poi scaricare le penalità sulle bollette degli italiani. Una specie di assalto alla diligenza – conclude Onufrio - che oltre a dare risorse a qualche gruppo industriale (francese e italiano) avrebbe come effetto quello di fermare lo sviluppo delle rinnovabili». Un quadro confuso, reso ancora più complicato dalla situazione della Sogin stessa. Commissariata dal 16 agosto del 2009, dal prossimo 30 settembre sarà senza vertice per la scadenza degli incarichi.
ARTICOLO DI : Vincenzo Mulè
fonte: http://www.terranews.it/news/2010/09/il-bluff-del-nucleare
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