Secondo un recente studio australiano il surriscaldamento del pianeta potrebbe aver innescato un pericoloso circolo che, per mezzo delle acque marine, amplificherebbe le conseguenze dell’effetto serra.
I risultati di un recente studio condotto tra i ghiacci dell’Antartide attribuiscono un nuovo e inquietante ruolo agli oceani, che per colpa del riscaldamento delle loro acque si trasformerebbero in enormi e potenti amplificatori dell’effetto serra.
Amico oceano
Gli oceani catturano circa il 30% della CO2 prodotta dalle attività umane (30 miliardi di tonnellate l’anno secondo l’ONU) e la nascondono nelle loro profondità. Questo sequestro naturale dell’anidride carbonica contribuisce a contenere il surriscaldamento globale del pianeta e i suoi effetti.
Lo stoccaggio oceanico della CO2 non è però permanente: secondo gli studi ha una durata compresa tra i 400 e i 1300 anni, al termine dei quali viene di nuovo rilasciata nell’atmosfera.
Ma qualcosa in questo meccanismo sembra essersi inceppato: il progressivo aumento delle temperature avrebbe infatti velocizzato il processo e gli oceani avrebbero cominciato a rilasciare le loro scorte di CO2 dopo soli 2 secoli, aumentando così la quantità totale di gas serra nell’atmosfera.
Ma quanta fretta, dove corri...
Tas van Ommen della Australian Antarctic Division di Hobart ha analizzato delle bolle di CO2 intrappolate nei ghiacci di Siple e Byrd, nell’Antartico Occidentale, le ha datate e la confrontate con i dati sulle temperature medie di quello stesso periodo.
Lo scienziato ha scoperto che all’aumento delle temperature segue regolarmente un incremento nelle emissioni di CO2 oceanica e che l’intervallo di tempo tra il sequestro e il rilascio del gas sta diventando inferiore ai 200 anni.
Ma in che modo l’aumento delle temperature influenza le emissioni di CO2? "Pensate a una bottiglia di Coca Cola: aumentando la temperatura, l’andiride carbonica disciolta nel liquido sale verso la superficie e fugge" ha spiegato Ommen ai media. Non solo: l’aumento delle temperature favorisce il rimescolamento delle acque profonde e la salita verso la superficie delle bolle di gas.
Ommen ha presentato i dati del suo studio alla conferenza sul clima Greenhouse 2011 che si è tenuta a Cairns, in Australia, nei giorni scorsi ma ha ammesso che prima di poterli applicare alla situazione attuale per trarre conclusioni sull’evoluzione del clima del pianeta occorreranno ancora attente verifiche.
fonte: focus.it
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